Un giovane di bell'aspetto, di cuor generoso e ricco di una signorile educazione, formava l'orgoglio dei suoi genitori, i quali riponevano in lui le migliori attese.
Ancor bambino, la madre era solita condurlo davanti all’altare della Madonna, che gli aveva insegnato a chiamare MADRE.
Così l'amore verso la MADRE celeste e l'amore verso la madre terrena crebbero insieme, e furono per lui l'ancora di salvezza.
La fanciullezza era trascorsa, ma poi venne la gioventù con le sue follie e il giovane lasciò la madre per andare in una corte straniera.
Un po' per volta le adulazioni gli fecero montare la testa, mentre l'ozio e la ricchezza gli corruppero il cuore.
Tutte le pie credenze sfiorirono ad una ad una.
Del passato non rimasero che due ricordi: quella della Madonna e quello della mamma.
Ogni sera, prima di coricarsi, ogni mattina appena alzato, il povero figliol prodigo, s'inginocchiava accanto al letto e recitava tre Ave Maria alla Santissima Vergine, aggiungendovi una breve preghiera che terminava con queste parole: «Volgimi uno sguardo pietoso e non m'abbandonare, Madre mia!», «Non m'abbandonare!», diceva il misero giovane ogni sera; «Non m'abbandonare!», ripeteva ogni mattina.
Questa preghiera gli destava nell'anima un'angoscia tormentosa, che andava crescendo ogni giorno di più.
Il rimorso si faceva sempre più vivo e straziante, ma poi il giovane tornava alle sue follie.
Un giorno, durante una partita di caccia, fatta in compagnia d'uno sciagurato che l'aveva spinto al male, sopravvenne un terribile uragano e i due amici furono costretti a rifugiarsi nel primo albergo che trovarono
Sfiniti dalla stanchezza corsero a buttarsi sul letto, ma egli non dimenticò di recitare la sua consueta preghiera alla Madonna.
Non appena si addormentò, gli parve di trovarsi al tribunale di Dio e che proprio allora un'anima fosse stata condannata: quella del suo amico.
Poi gli sembrò venuto il suo turno.
Sua madre, prostrata davanti al Giudice sdegnato, implorava pietà per il figlio traviato.
Il demonio gettò, con un riso canzonatorio, i peccati del giovane sulla bilancia della Giustizia divina, e il piatto, sul quale erano caduti, calava rapidamente verso l'abisso.
Gli Angeli si velarono il volto con le loro ali; alla povera madre sfuggì un grido di terrore, satana vi rispose con un urlo di trionfo: l'anima era perduta!
Ma proprio allora comparve Maria, coronata di dodici stelle e in atto di schiacciare coi piedi la mezzaluna d'argento.
Si prostrò anch'Ellia accanto alla madre del giovane, in atteggiamento supplichevole, e depose sull'altro piatto della bilancia le tre Ave Maria offertele ogni mattina e ogni sera dal giovane sventurato, ma il piatto sul quale si accumulavano le iniquità, anziché risalire, calava sempre.
Maria, allora, raccolte tutte le lacrime della povera madre, le gettò nel piatto delle opere buone, ma esse non bastarono a sollevarlo.
Gli Angeli gemevano; la madre, col cuore straziato, si nascondeva il viso, essendo perduta ogni speranza.
Allora la Santissima Vergine sollevò verso il Giudice divino i suoi purissimi occhi; ne caddero due lacrime, che andarono a mescolarsi con le lacrime della madre e con quelle del giovane.
Ed ecco il piatto della bilancia sollevarsi.
Le lacrime delle due madri avevano salvato dal naufragio eterno quel misero traviato.
In quel momento il rombo d'un tuono svegliò il giovane. A due passi dal suo letto potè scorgere l'amico esanime, colpito e carbonizzato nel sonno da un fulmine.
Il giovane, comprese che le lacrime delle sue due mamme, quella celeste e quella terrena, di cui aveva sempre serbato teneramente il ricordo, lo avevano salvato, e subito cambiò vita.
Matteo 27, 45-49
Marco 15, 33-37
Luca 1, 1-80
Giovanni 19, 25-27